Giovedì 29 novembre a Roma protestano gli Ncc di tutta Italia (aziende di noleggio con conducente): 80mila imprese per oltre 200mila lavoratori. La manifestazione nazionale è stata indetta per scongiurare l’entrata in vigore di una norma che, almeno in alcuni passaggi, ha dello stravagante.
È il caso del famigerato articolo 29, comma 1 quater del decreto legge 207 del 2008. Che prevede, tra i punti più discutibili, che il conducente torni alla base alla fine di ogni servizio, prima di intraprendere il viaggio successivo. In sostanza, un conducente che accompagni un cliente da Roma a Milano, alla fine del servizio non potrà caricare a bordo altri clienti da Milano alla capitale, ma dovrà tornare a Roma con il mezzo ‘vuoto’, recarsi nell’autorimessa situata nel Comune che ha rilasciato l’autorizzazione, e attendere la prossima chiamata.
“Così l’Ncc è un servizio a rischio estinzione – dice il vicepresidente di Confcommercio e di Conftrasporto Paolo Uggè – C’era da aspettarsi che prima o poi il malcontento sarebbe sfociato in protesta. Sebbene tardiva, la manifestazione del 29 novembre era nell’aria, intuibile conseguenza dell’incapacità di chi si è succeduto nei ruoli di governo negli ultimi 10 anni di trovare una soluzione equilibrata per una riforma del settore. Una riforma che coniugasse distinzione di ruoli e funzioni dei servizi non di linea, lotta all’abusivismo, tutela della sicurezza e soddisfazione del cliente”.
“Conftrasporto-Confcommercio, insieme all’associata Federazione Autonoleggiatori Italiani Fai-Confcommercio non ha fatto mai mancare nel corso di questo decennio proposte d’intervento. Che, purtroppo, non si sono concretizzate per mancanza di volontà politica “, prosegue Uggè .
“Per salvaguardare l’esistenza delle imprese del comparto, non c’è altro da fare che prorogare ulteriormente l’entrata in vigore della contestata norma – afferma Uggè – nella prospettiva di giungere, si spera questa volta per davvero, a un riassetto complessivo del settore del trasporto pubblico non di linea”.
“L’auspicio è, dunque, che il nuovo Governo sia sensibile alle rivendicazioni delle imprese del settore, consentendo loro e agli oltre 200 mila lavoratori da esse occupati, di poter continuare a operare e a dare il proprio contributo in termini di suggerimenti per una riforma, quella sì, non più prorogabile”.