IL PUNTO DI PAOLO UGGÈ

Novembre 22, 2019
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IL PUNTO DI PAOLO UGGÈ

Prosegue, nel più evidente stato confusionale, la vita economico-sociale e politica nel nostro Paese. Cerco di limitarmi ad alcuni fatti.

Il primo riguarda l’Ilva. L’incapacità nel gestire una questione che tanto pesa sulla vita economica del Paese e coinvolge circa 20 mila famiglie, se teniamo conto che anche l’indotto ne subisce le conseguenze , sta nel modo più evidente aggrovigliandosi su sé stessa. Innanzitutto occorre partire dalla decisione di escludere le responsabilità penali (lo scudo penale) ai nuovi gestori dello stabilimento. Non entro nel merito del fatto e mi limito ad osservare che una maggioranza in Parlamento ha consentito tale decisione. Se era sbagliata la scelta di offrire tale garanzia non doveva essere concessa. Una volta prevista non è accettabile in un Paese che, solo perché una parte della maggioranza che sostiene l’Esecutivo in carica è modificata, si stravolgano le intese raggiunte. Così come è vergognoso che chi ha partecipato alla scelta votando per l’eliminazione di una clausola concordata, poi alimenti la guerriglia e ne chieda il reinserimento. Politici di questa “stazza” si dovrebbero vergognare ed avere il coraggio civico di dimettersi dalla politica. Ma il ministro che ha firmato quell’accordo l’ha fatto da solo? Ed il presidente del Consiglio lo ha avallato? Se non si è fatto l’interesse del Paese la Corte dei Conti perché non richiede i danni? Sostenere che l’imprenditore ha deliberatamente fatto una azione a danno dell’impresa e dell’Italia, magari è vero, ma non ritengo che chi ha fatto l’accordo non abbia previsto garanzie adeguate se no sarebbe stato un Pirla? (per come lo conosco non lo credo).

La questione si sta ulteriormente complicando per l’intervento della magistratura che sta ripetendo quanto successe alcuni anni fa con l’Evergreen che aveva deciso di investire nello sviluppo del porto di Taranto. In quel caso la magistratura intervenne per un ipotetico reato ambientale (gli escavi per consentire l’arrivo di navi di maggiore stazza) e l’amministratore finì nelle patrie galere. Il risultato? Quella compagnia decise di mutare strategia ed andò ad investire nel porto del Pireo, le accuse non trovarono seguito così la città, ed i suoi cittadini persero una opportunità di sviluppo e di occupazione. Ora, spero di sbagliare, temo  si stia, in modo diverso, rivivendo la medesima storia che, come tutti sanno, quando si ripete solitamente finisce in  tragedia.

La domanda tuttavia rimane sempre quella. Ma chi ha il potere di governare cosa sta facendo? Possibile che non vi sia un sussulto di orgoglio da parte di chi si definisce leader di un Paese o di un partito per mandare a farsi fottere (chiedo venia per il francesismo) gli incapaci ed i demagoghi che stanno portando il Paese alla deriva?

Questi teorici della “decrescita felice” e gli ambientalisti di mestiere si rendono conto che stanno rovinando un economia e tolgono speranza ai giovani? Aver introdotto il reddito di cittadinanza è un delitto contro il bene della popolazione. Il valore che deve essere coltivato e sviluppato è quello del lavoro e del sacrificio. Non è il “far niente” a dover essere retribuito. L’aiuto deve servire a chi si impegna per lavorare.

Non è un principio nuovo o anti pauperista è presente addirittura nelle lettere che l’Apostolo delle genti, un gigante della Chiesa,  inviava. Nella seconda lettera ai Tessalonicesi l’apostolo Paolo diceva: “noi non siamo rimasti oziosi. Né abbiamo mangiato pane di alcuno, abbiamo lavorato duramente, notte e giorno per non essere di peso ad alcuno di voi. Vi abbiamo sempre dato questa regola: chi non vuole lavorare, neppure mangi. A questi tali ordiniamo di guadagnarsi il pane, lavorando.” Verrebbe da concludere con il classico: “chi ha orecchie per intendere intenda”. Che dire di più?

Destinare risorse distraendole a chi vuole intraprendere o lavorare è da respingere perché delittuoso. Oggi il governo  e’ costretto a proporre manovre per coprire le uscite determinate da questa follia.
La seconda osservazione  assume a riferimento certe proposte, che possono trovare anche condivisione. Argomenti come la concessione della cittadinanza, sulle modifiche del sistema elettorale, sulla prescrizione o alle normative connesse alla giustizia, probabilmente sono adeguate ma dovrebbero essere affrontate dopo che i temi che riguardano più da vicino i cittadini e le imprese siano stati definiti.  Presentare degli emendamenti che prevedono la riduzione dell’Iva sugli assorbenti o sui profilattici quando sta crescendo l’emergenza lavoro, sicurezza, sanità, infrastrutture ed il PIl del Paese si avvia a divenire negativo è poco responsabile e non ha alcun senso.

La terza vicenda vede coinvolto le imprese del trasporto. Preoccuparsi degli evidenti  cambiamenti climatici e delle calamità naturali è doveroso. Attribuirne la responsabilità al mondo dei trasporti è demagogico e serve solo per giustificare le misure assunte  per fare cassa. Il problema è l’educazione delle persone. Occorre far crescere la consapevolezza su alcune verità inconfutabili. Non è la plastica che inquina ma la maleducazione di chi la utilizza dimenticandosi di essere parte di una società civile. Non sono i mezzi pesanti che spargono climalteranti. I dati affermano che solo il 4,6% è imputabile a loro e nel giro di dieci anni la percentuale di inquinamento a loro attribuita è diminuita del 29,7%.

Ebbene nelle proposte della legge finanziaria al trasporto su gomma venivano sottratte in un biennio delle risorse, peraltro già concordate, per più di un miliardo. Qualcuno sostiene non reali questi timori ma oggi che sono stati definite con chiarezza è meglio. Quando le norme non sono chiare ed evidenti consentono manovre interpretative che possono nuocere alla collettività. Dopo il verbale di intesa, proposto dalla signora ministro dei trasporti On. Paola De Micheli, siamo più tranquilli. In due incontri ha saputo sfoltire i dubbi, chiarire le incertezze e fornire gli impegni che le federazioni dell’autotrasporto chiedevano. Dobbiamo dare atto all’intervento del ministro, dei Suoi collaboratori e riconoscerne la positività. Ora si dovrà gestire il tutto. Sia a livello parlamentare che amministrativo. Una fase nuova  e positiva potrebbe aprirsi per tutti, se portata avanti. E’ quella da noi più volte richiesta e che si basa sul rilancio della necessità di confronti periodici a livello politico. È la premessa del verbale di intesa.

Qualcuno potrebbe propendere ancora che la strada da praticarsi dovesse essere quella dello scontro, ma a chi la pensa così evidenzio come le normative per essere modificate debbono sempre e comunque passare per l’approvazione delle Camere. Quindi con il fermo si sarebbe ottenuta  una identica situazione. Credo si debba perseguire la strada della ragionevole consapevolezza, accompagnata da una verifica costante sulla evoluzione rispetto a quanto concordato. Rispetto l’idea di chi teme che come nel passato la ragionevolezza mostrata dalle federazioni abbia prodotto scarsi risultati. Forse il fermo avrebbe riassegnato alla categoria il ruolo di rappresentanza e la dignità che le compete. Oggi la situazione è tuttavia complessa. La gente, le imprese ed alcune zone del Paese stanno soffrendo. Il senso di responsabilità ha inciso sulla decisione di dare fiducia al ministro che, e questo è innegabile, nel giro di pochi giorni ha portato concretamente le soluzioni che aveva prospettato. Nel passato talvolta veniva praticato il rinvio. L’onorevole De Micheli non lo ha fatto. Anzi in pochi giorni ha prodotto proposte e soluzioni. Certo il tutto deve essere coltivato e passare attraverso passaggi e verifiche. A noi compete seguire la strada tracciata, e lo faremo. Ma alla categoria spetta il compito di rafforzare le federazioni di rappresentanza, incominciando magari con il saper distinguere chi organizza solo “show” ma non è presente nei momenti di trattativa sui temi fondamentali, da chi con sacrificio e perseveranza cerca invece a costruire soluzioni.

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